La nostra storia

L’esperienza di judo rivolto a ragazzi disabili è cominciata in Francia nella seconda metà degli anni '60, dall’iniziativa del Maestro C.Combe che cominciò a lavorare con dei ragazzi con sindrome di Down. In seguito il suo successo ha fatto si che si estendesse anche a ragazzi con altri tipi di disabilità che si pensava potessero beneficiare dell'attività (ritardi mentali medi e medio-gravi; tetraparesi spastiche…)

La nostra storia invece nasce nella primavera del 1990  grazie all'iniziativa del Maestro Cesare Barioli  che ha offerto gratuitamente la disponibilità delle proprie competenze judoistiche a favore dei ragazzi frequentanti il CSE. L'attività è iniziata a Gennaio 91 con un gruppo di 16 ragazzi down, di cui 2 provenienti dalla scuola media. Successivamente, dato l'esito positivo dell'attività, la composizione del gruppo si è modificata con l'inserimento di nuovi ragazzi portatori di altre patologie. Il judo si è subito rivelata una attività dall'alto valore educativo ed ha coinvolto, in questi tredici anni, più di 25 ragazzi dei CSE di Cusano Milanino e di Cinisello Balsamo, portatori di diversi tipi di Handicap, ed una innumerevole quantità di educatori/educatrici che si sono alternati sul tatami. La sede della pratica dell'attività ha subito delle modifiche: cominciata presso il Bu-Sen di Milano  si è da circa tre anni trasferita presso la palestra del CSE di Cinisello Balsamo dove abbiamo costruito tutti assieme, coi ragazzi del Bu-Sen, un bel Tatami che ha permesso un allargamento notevole dell'area su cui praticare ( quindi di accogliere più ragazzi ), ma soprattutto consente la pratica del judo in sicurezza e permette l'esecuzione corretta e sicura di tiri e cadute.

Il  nostro gruppo ha negli anni avuto occasione di partecipare a molte gare, manifestazioni, dimostrazioni. Queste uscite hanno offerto ai ragazzi la più ricca gamma di esperienze educative e risocializzanti: dai primi passi verso una maggiore autonomia, alla scoperta di nuovi itinerari geografici (sono stati in Francia, a Venezia, Verona, Biella, Sermide, Bergamo...… ed ora anche in Sardegna!), alla grande avventura della gara vera e propria….hanno conosciuto ragazzi di altri paesi e stretto qualche amicizia….

 Scheda tecnica

·       Ragazzi frequentanti l'attività (anno 2004): 13

DIAGNOSI:

1.    Insufficienza mentale medio-lieve con turbe del comportamento da encefalopatia perinatale

2.    sindrome di Down, deficit uditivo, disfasia

3.    esiti di tetraparesi spastica con insufficienza mentale

4.    sindrome di Down

5.    tetraparesi mista con disartria

6.    insuff. mentale medio-grave, disfasia

7.    spastica distonica con insufficienza mentale (grave)

8.    sindrome di Down

9.    autismo infantile

10.          sindrome di Down

11.          insufficienza mentale media in soggetto cerebropatico e ipoacusico

12.          epilessia, insufficienza mentale, atrofia cistottica e turbe neuropsicologiche diffuse

13.          insufficienza mentale in soggetto affetto da ipotiroidismo congenito.

·       Giorni di pratica:  2: lunedì e giovedì dalle 10,00 alle 11,30

·       Luogo di pratica : palestra del C.S.E. di Cinisello ( dove è installato tatami regolamentare fisso)

Perché il judo?

I vantaggi della pratica del judo abbracciano una vasta gamma di ambiti educativi e formativi. Oltre a sviluppare le abilità motorie generali e contribuire alla formazione-mantenimento di una buona forma fisica questa attività mira allo sviluppo delle autonomie ( per esempio imparare ad indossare il judoji e allacciare la cintura), al mantenimento di un comportamento corretto, educato e leale,al rafforzamento dell'autostima e della fiducia in sé e di una certa condotta morale. Il judo ha infatti una sua filosofia, tramandata dal suo fondatore il Maestro Jigoro Kano, che è: “Tutti insieme per crescere e progredire nel migliore impiego dell’energia”. È questo il principio  morale che il nostro Maestro Cesare Barioli trasmette da 14 anni ai suoi allievi.

La ritualità e la struttura della lezione favoriscono inoltre l’ordine mentale e l’apprendimento delle nozioni di tempo e ritmo.

 Da non dimenticare l’allargamento delle esperienze relazionali, la socializzazione, l’integrazione e la formazione alle autonomie attraverso le trasferte, l’opportunità di fare esperienze al di fuori della famiglia

Quando si va ad una gara  e ci si ferma a dormire si cerca di lasciare ai ragazzi la maggior autonomia possibile. Li si lascia ad esempio in camera da soli (fra di loro), resistendo alla tentazione di controllare per forza se hanno messo il pigiama dritto o sapere a che ora spengono la luce. Magari si lascia che vaghino un po’ in albergo perché non ritrovano la stanza…, si cerca di far in modo che siano autonomi, risolvano dei piccoli problemi, di far comporre a loro il numero di telefono della famiglia, alla sera, e di far parlare loro...(in genere dicono che hanno vinto anche se non è vero) di far vivere loro l’avventura…..

Per quanto riguarda la socializzazione penso che spesso siamo noi a dover imparare da loro: generalmente sono molto spigliati con gli estranei, sono scevri da pregiudizi e socializzano con facilità con gli altri. Spesso dopo un incontro di judo, magari anche un po’ “vivace”, sentono la necessità di riconciliarsi con l’avversario dandogli la mano o abbracciandolo. Non temono l’altro o il suo giudizio,  cosa che a noi è ben raro che capiti! Si è osservato spesso, però, che i ragazzi cercano di far conoscenza soprattutto con maestri, istruttori ed accompagnatori, specialmente se del sesso opposto. Alle educatrici è accaduto di ricevere “interessanti proposte” da ragazzini Down di altre città! Ma qui apriamo un altro capitolo, troppo complesso e delicato da trattare ora…

Possiamo così riassumere i benefici rilevati dalla pratica del judo:

-         Migliora le capacità motorie generali

-         Favorisce la lateralizzazione e il concetto di spazio e tempo

-         Educa il comportamento e la disciplina

-         Tira fuori le potenzialità nascoste e a volte…….inaspettate

-         Sviluppa le qualità morali

-         Stimola la gioia di vivere una avventura

-         Valorizza l'individuo

-         Sviluppa la fiducia in sé

-         Aiuta a superare le paure

-         Favorisce la presa di coscienza di sé e del proprio spazio fisico attraverso il continuo utilizzo di tutto il corpo ed il contatto fisico Sviluppa le autonomie, l"'adultizzazione"

-         Favorisce la socializzazione e l'integrazione, con beneficio di tutti.

-         Sviluppa il senso di appartenenza ad un gruppo

-          

Quali difficoltà si possono incontrare

Quando si percorre una strada, un cammino, ci si trova ovviamente di fronte a delle difficoltà. Queste, nel caso dell’esperienza di un gruppo di judo per ragazzi disabili sono relative a diversi ambiti quali l’ambiente, la famiglia, il tipo di problema o di disabilità dei ragazzi, il luogo di pratica....

Le famiglie sono spesso iperprotettive nei confronti dei ragazzi, hanno (comprensibilmente) sviluppato nel tempo un senso di protezione maggiore che nei confronti degli altri figli. I genitori hanno dunque paura che i figli si facciano male o che durante una trasferta possa succedere qualcosa e che i ragazzi non siano in grado di cavarsela da soli o soffrano troppo per situazioni di difficoltà. Ci vuole un po’ di tempo, comprensione e pazienza per far capire loro che i ragazzi hanno bisogno di fare le loro esperienze, come gli altri, che hanno bisogno di fiducia per crescere; che la distorsione che può prendere il  ragazzino down è la stessa dello scolaro della sua stessa età!

A volte i genitori sono anziani, a volte i ragazzi sono rimasti da soli a vivere in casa con sorelle o fratelli e possono dunque essere in una situazione di continua dipendenza da educatori o volontari per il trasporto.

I ragazzi, forti del sostegno famigliare e a volte sociale che li vuole vedere come eterni bambini, si presentano spesso pigri, abituati alla vita facile, ad essere serviti, al "tutto mi è dovuto", al "perché dovrei fare uno sforzo per….", insomma un po’ viziati . Bisogna che comincino a capire che per crescere bisogna fare uno sforzo, che possono anche loro dare molto ed avere belle soddisfazioni. Nell’esperienza dei nostri C.S.E. i ragazzi scelgono liberamente di venire a judo e ci tengono moltissimo, ma  non tutti accettano di “ far fatica” e tendono un po’ a battere la fiacca se non sono visti...

A livello pratico, invece, si è notato che spesso hanno

-  difficoltà  ad acquisire il senso dell’opposizione

- difficoltà a percepire ed utilizzare la parte bassa del corpo

  (gambe, bacino).

- Paura di cadere, di buttarsi a terra o, al contrario, incoscienza

   e poca stima del pericolo

- Poca fiducia in sé stessi,

- Limiti di comprensione e  lentezza nei tempi di apprendimento

- Imbarazzo a lavorare maschi con femmine: il judo è una

  disciplina di contatto...

Un’altra variabile importante è l’età dei ragazzi: il nostro gruppo, essendo integrato nell'attività di un CSE è composto da ragazzi non più giovani. Questo rende da una parte  un po' più lenti i processi di apprendimento, e dall'altra meno prestanti i fisici dei ragazzi. Il processo di crescita è inoltre terminato da tempo quindi è più difficile portare dei cambiamenti in loro.

C'è però da notare che mentre un judoista qualsiasi non disputerebbe più una gara a 40 anni, noi abbiamo atleti che si presentano alle competizioni pur avendo superato gli 'anta da tempo!!

Un’altra difficoltà nella quale si incorre è poter disporre di un tatami regolamentare, e questa non è cosa facile. Per tatami regolamentare si intende che le materassine sono adagiate su un apposito telaio in legno che rende elastico lo spazio di pratica e consente dunque l’esecuzione in sicurezza di cadute e tiri ed evita incidenti e microtraumi a carico del sistema scheletrico, muscolare ed articolare. La pratica su una materassina appoggiata a terra, quindi dura, oltre ad essere dannosa  può facilmente scoraggiare i ragazzi che, prendendo colpi in continuazione, non solo praticano con la paura di farsi male, ma assumono posizioni scorrette e contratte, allo scopo di difendersi dai traumi.

Quando esser cauti

Penso che per alcuni tipi di handicap si debba valutare bene l’opportunità di far praticare il judo, ad esempio nelle patologie psichiatriche (l’imprevedibilità delle reazioni del soggetto potrebbe renderlo pericoloso per gli altri o per sé), nel caso di ragazzi con problemi di aggressività o problemi di fragilità fisica.

I ragazzi

E’  molto difficile scegliere qualche caso da raccontare, perché a pensarci bene ogni ragazzo/a avrebbe una storia estremamente interessante ed una sua peculiare evoluzione…

A differenza del Maestro Combe che svolgeva il suo lavoro con ragazzi  in età evolutiva, che erano quindi  nel pieno del processo di crescita e formazione, che seguivano nei loro istituti un programma didattico definito e dettagliato, i nostri ragazzi erano e sono tutti già adulti ed hanno terminato il percorso scolastico, generalmente hanno concluso la terza media.  Si tratta quindi di lavorare da una parte sull'acquisizione delle capacità relative all'Arte, come per qualsiasi altra persona che si accosta al mondo del judo, dall'altra  sulla valorizzazione e potenziamento delle loro abilità residue, nonché di trasmettere loro il patrimonio formativo che il judo propone ad ognuno. La sorpresa è stata che in molti casi i ragazzi hanno tirato fuori e sviluppato abilità che non si pensava neanche avessero!!!

Essendo relativamente troppo tardi per lavorare sulla didattica nel  nostro Centro si è  puntato al miglioramento della qualità della vita, cioè offrire ai ragazzi occasioni di crescita, esperienze che arricchissero le loro abilità ma anche il loro essere in relazione col mondo.

Tutti i ragazzi sono sempre in fase di osservazione, se qualcuno ha raggiunto risultati in un ambito, altri ne hanno raggiunti in un altro.

Il judo praticato dai ragazzi del Centro è esattamente lo stesso che si insegna a chiunque, quello che cambia sono i tempi di apprendimento ed il numero di ripetizioni dopo il quale un individuo ha capito l’esercizio o il tiro proposto. C’è chi impara in due mesi e chi in due anni,  chi non ha ancora imparato e chi si sa  aver già dato il massimo. Qualcuno l'abbiamo visto declinare…..specialmente alcuni ragazzi Down, che raggiunta una certa età o stadio di maturazione sono scivolati in una inesorabile regressione……

…come R. che, però, quando mi incontra si ricorda bene chi sono e chi è il Maestro, e sorride se gli dico : "ti ricordi R. le gare a Venezia??".

Non per tutti ci sono risultati evidenti o rilevabili, anche perché abbiamo scelto di accogliere anche i ragazzi più gravi in un clima di accettazione e tolleranza che supera, da parte dei ragazzi, ogni aspettativa……M. è un ragazzo down che frequenta il corso da 13 anni, è molto pigro ed all'inizio, seguito e spronato dalle educatrici ha imparato qualche rudimentale nozione di judo : caduta indietro, accenno di caduta laterale ed avanti, o-sotogari, ippon-seoi-nage…non ha senso dell'opposizione e tantomeno della competizione, ha partecipato ad alcune gare nella prima categoria, resistendo sul tatami qualche minuto. Presenta dei tratti autistici e sta sempre per conto suo ripetendo a volte gesti o suoni stereotipati. La sensazione però è che segua quello che avviene sul tatami. Ultimamente non fa davvero proprio più niente: fa il saluto, si siede ed osserva. Viene spronato solo ogni tanto, mentre per gli altri c'è sempre il richiamo all'attività ed alla partecipazione. I ragazzi nonostante questo hanno accettato ed integrato perfettamente M. nel gruppo, nessuno si cura della sua stasi e ne rispettano la diversità. E' un po' un mistero questo ragazzo, che pur facendo pochissimo tiene tantissimo a frequentare il gruppo, piange ed ha crisi di rabbia se perde il pullman che lo porta a judo….  l'abbiamo incontrato sulle scale settimana scorsa che piangeva e diceva : “no no no io….judo……”: aveva perso il pullman…..

I. era un ragazzo timidissimo, portatore di un lieve ritardo mentale ed una situazione di disagio ambientale e familiare. Un ragazzo che aveva paura della propria ombra. Nel gruppo di judo si rivelò subito uno dei migliori, estremamente dotato e coordinato, in grado di apprendere velocemente e con facilità tiri, cadute, randori. In breve fu uno dei migliori, acquisì una buona fiducia in sé stesso passando attraverso la prova delle gare, la paura delle cadute e di avversari più forti,  la gratificazione dei passaggi di cintura..: fu pronto per il mondo del lavoro, ed inserito in una fabbrica. Purtroppo l’abbiamo perso e non fu più possibile per lui fare Judo.

O. è un ragazzo di 31 anni affetto da esiti di tetraparesi mista. Ha camminato ad 8 anni ed è caratterizzato da una inesorabile lentezza. Aveva letteralmente il terrore di cadere...è incredibile pensare che oggi sia uno dei nostri “campioncini”. Esegue correttamente le cadute, è uno dei pochissimi che riconosce i tiri ed il loro nome, ha acquistato molta fiducia in sé ed è in grado di assumersi delle responsabilità, è sempre presente e si impegna sempre al massimo. Fatta l’esperienza in una serata di judo per normodotati si è rivelato sorprendentemente all’altezza della situazione. Peccato che la famiglia si fidi ancora poco di lui, e limiti notevolmente la sua autonomia di spostamento e di azione.

Fondamentale per i nostri ragazzi ( e non solo),  è la figura del Maestro, cosa trasmette e come si rapporta con loro. Egli è una  figura educativa carismatica, autorevole e rassicurante, è un positivo modello da emulare e per qualcuno rappresenta una forte figura di riferimento non solo sul tatami, ma nella vita stessa………

R. è un ragazzo con una insuff. mentale media e vive  un gravissimo disagio familiare. È incline all'aggressività, che attua specialmente all'interno della famiglia, nei confronti sia delle persone che dell'ambiente. Ha un disperato bisogno di una figura di riferimento maschile forte e fino a poco tempo fa gli “ultras” del calcio erano il suo mito, con le immaginabili conseguenze comportamentali.  Con molte remore è stato avviato al judo, da due anni, (ed è tuttora in osservazione). Dal punto di vista dell’apprendimento ha già dato notevoli risultati, ma soprattutto nutre un rispetto reverenziale ed una ammirazione per il Maestro e ne ha fatto un solido e significativo punto di riferimento. Inoltre il judo lo costringe a controllare (per lo meno durante le lezioni) la sua aggressività : è una roba da “macho” ma allo stesso tempo ti chiede di essere un gentiluomo.. Ha compiuto enormi sforzi per comportarsi bene a casa, perché sa che i suoi passaggi di cintura e la stima del Maestro sono legati soprattutto al suo comportamento giù dal tatami .  Il ricordargli i suoi doveri da judoka e da allievo funziona spessissimo da deterrente per comportamenti devianti. Purtroppo siamo ancora lontani dall’aver “cambiato” R., che ancora non riesce a far i conti con il suo istinto aggressivo e la sua incapacità di sostenere la competitività. Alla penultima gara che abbiamo fatto aveva stampato un bel calcione al suo avversario, nell’ultima, con un programma speciale e mirato, ha cominciato a superare l’emozione della manifestazione in pubblico ed è andata decisamente meglio…

 C. è un ragazzo di 26 anni, affetto da una grave forma di spasticità distonica ed un ritardo mentale piuttosto importante. Presenta una forte rigidità nei movimenti e fatica a distendere completamente gli arti. È molto, molto instabile e cade in continuazione. Inserito da tre anni nel gruppo di judo segue con un impegno ed un fervore quasi commoventi… i risultati ottenuti, per me, sono molti. Innanzitutto  l’essere inserito in un gruppo tanto prestigioso, l’indossare il judoji, l’essere considerato alla stregua degli altri gli abbia restituito una grande dignità. Ha migliorato alcune capacità motorie, tipo l’estensione delle gambe dalla stazione eretta e l’equilibrio ed è in grado di compiere, se ben concentrato, un piccolo saltello. Ha molte meno difficoltà di prima nel fare i piegamenti sulle gambe (ma va sempre aiutato). L’esecuzione di alcuni esercizi è migliorata, fa la caduta indietro, mentre per le altre si butta ancora  un po’ a caso. Si muove in completa e piena autonomia sul tatami, si sceglie i compagni con cui fare gli esercizi e randori e mentre prima verso la metà della lezione chiedeva di sedersi perché molto stanco, ora regge tranquillamente tutta la lezione. Nello spogliatoio ceca di fare da solo ed è in grado di levarsi tutti gli indumenti, non riesce però a fare l’operazione opposta: vestire il judoji o indossare la cintura.

I progressi spesso sono minimi e  lenti, ma  in soggetti così gravi sono già dei successi!!

Vorrei concludere dicendo che quello che ho scritto  nasce semplicemente dalle mie osservazioni dirette, da quello che ho visto e vissuto in prima persona sul tatami. Che spesso le difficoltà dei miei ragazzi sono state le mie, che ho dovuto sperimentami e lavorare sui miei limiti esattamente come hanno fatto loro e che ho trovato in loro dei sinceri e leali compagni di viaggio in questa meravigliosa avventura che è il judo.

Stefania Abbiati

Educatrice professionale presso il C.S.E. di Cusano Milanino, ASL3 di Monza dal 1990

Cusano Milanino (Mi) giugno 2004