Rielaborazione di un articolo pubblicato su "L’Ottavo Giorno", rivista dell’Associazione Sindrome di Down di Verona (AGBD) - anno 5° nr. 1 Giugno 2003

Judo gare e altro

Come reagiranno i nostri eroi? Mi ponevo la domanda dopo l'arrivo di un invito a partecipare ad una gara. La loro prima gara!

In precedenza avevo pensato ad un inizio più soft, qualcosa di ancora molto simile ad uno scambio tra dojo sull'esempio di quelli già organizzati lo scorso anno a Verona.

Elemento essenziale della proposta di judo educazione per disabili è il non isolamento. Comincia con lo stabilire l'orario del corso loro dedicato in un momento strategicamente idoneo a facilitare incontri e momenti socializzanti. A meno di cause di forza maggiore il corso non dovrebbe trovarsi isolato in fasce orarie "deserte". Essere parte di un ambiente, viverne le regole, frequentarne le persone, contribuire alle iniziative in corso è un obiettivo importante ma ancora non basta.

E' necessario sapere che altri percorrono la stessa strada; verificare la bontà del lavoro fatto, tecnico ma anche relazionale e di conquista di fiducia in se stessi e quindi di autonomia.

Saranno pronti? Mi chiedevo, ci chiedevamo. Una gara: un forte impatto emotivo. Può aprire la strada a nuove conquiste, dare entusiasmo, ma presenta anche il rischio di provocare battute d'arresto amplificando le proprie paure e insicurezze.

Bene, ne abbiamo discusso prima tra insegnanti e poi con i ragazzi, abbiamo rotto gli indugi e deciso: si va!

Il nostro sistema di divisione in categorie diverse in base alle competenze tecnico motorie, sperimentato nell'esperienza del judo con i disabili, è stato di grande utilità pratica perché ciascuno potesse affrontare una prova compatibile con il livello raggiunto.

E' un sistema aperto che definisce le caratteristiche salienti di ogni livello e perciò stesso rappresenta un ipotesi di lavoro per l'insegnante. Aperto perché i passaggi ad un livello più evoluto sono auspicati, ricercati e veramente possibili.

Abbiamo avuto ragione. Al trofeo Castellanza lo scorso 5 aprile i nostri ragazzi si sono comportati molto bene, meglio di quanto ci aspettassimo. Hanno dimostrato di reggere bene l'impatto emotivo e la notevole, rumorosa confusione del contesto di gara.

Anzi, proprio questa emozione li ha stimolati a "superare" alcuni vizi che manifestano nelle lezioni al dojo: svogliatezza, richiesta di attenzione, esclusività di scelta del compagno/a di pratica. I ragazzi si sono gestiti molto bene, orientandosi nel nuovo ambiente (un enorme palazzetto dello sport) dagli spogliatoi alle materassine, presentandosi puntualmente alle chiamate, ma soprattutto combattendo con energia e volontà. Buoni i risultati e alla fine tutti soddisfatti dell'esperienza fatta, del premio ricordo ricevuto, orgogliosi della loro medaglia. Soddisfatti anche noi insegnanti, che abbiamo voluto tenere il ruolo di semplici mediatori tra i ragazzi e l'evento del quale loro sono stati certo protagonisti.

Confortati da quanto accaduto abbiamo affrontato a cuor leggero l'iniziativa che il Yudansha Kai (collegio delle cinture nere) Triveneto aveva programmato per il 18 maggio a Trento.

L'associazione "IL PAESE DI OZ" dell'ANFFAS, di Trento appunto, ha ospitato Kyu Shin Dojo e altre società (provenienti da Como, Meolo e Milano) nell'iniziativa dal significativo nome "JUDO E ALTRO". La giornata ha visto svolgersi quasi due ore di allenamento intenso, pranzo alpino, costruzione e lancio di aeromodelli. C'è stato anche un momento collaterale di conferenza dibattito sull'esperienza del judo con i disabili. Il M° Vittorio Nocentini di Predazzo ha inquadrato storicamente il judo e svolto un'analisi dell'orientamento attuale. Interessanti gli interventi di alcuni genitori e responsabili di altre associazioni che hanno animato il dibattito successivo. In sintesi sono stati messi al bando il "buonismo" e l'assistenzialismo inteso come sostituirsi al ragazzo disabile nell'esecuzione di suoi compiti (con la scusa della fretta…). Sostegno forte al contrario ad iniziative di condivisione e assunzione di responsabilità; all'assegnare tempo sufficiente, gradientando la difficoltà, perché il disabile possa fare autonomamente; al favorire l'immersione in un'attività per imparare a dare tutto se stessi e con ciò acquisire una capacità trasferibile in altri ambiti della vita.

Essere insieme nel judo, ma poi anche a pranzo (un sentito ringraziamento agli alpini di Trento) nel rigovernare la sala, nel costruire qualcosa sviluppando capacità di esecuzione e di progettazione. Divertirsi poi con gli aeromodelli appena costruiti (peccato che la colla non fosse ancora abbastanza secca). E' il riassunto di una bella giornata.

I saluti ai nuovi amici, la socializzazione durante il viaggio. A proposito colgo l'occasione per ringraziare pubblicamente FEVOSS e GRUPPO PROMOZIONALE QUARTIERE TRIESTE per il prestito dei pulmini.

Due buone uscite. Ce ne saranno altre in futuro e forse incontreremo anche qualche problema in più oltre agli indubbi fatti positivi, ma è giusto così. Anzi potrebbe essere occasione per metterci, tutti, alla prova.

Essere parte di un dojo è anche contribuire alle iniziative, dicevo sopra. Ecco l'idea di Andrea di fare una dimostrazione di judo presso la sede dell'AGBD il prossimo settembre. Splendido, magari nell'ambito della festa annuale dell'associazione. Sarebbe anche il momento più favorevole per cogliere interesse e aprire il corso a nuove adesioni da parte di chi troverà valida la proposta.

Claudio Sanna