Judo per disabili

di Roy Court
EUJ Temporary Disabled Commission Member and
Chairman - Special Olympics Europe/Eurasia Judo Committee

Mi chiamo Roy Court e insegno judo a persone disabili fin dagli anni ‘70.    

Come sono stato coinvolto

Questa domanda mi é stata rivolta molto di frequente, la maggioranza delle persone mi chiede se ho dei figli disabili.

Prima di tutto non sono a conoscenza di membri della mia famiglia (vicini e lontani) a cui fosse stata diagnosticata una qualsiasi disabilità.

Il motivo del mio coinvolgimento é una ragazzina di sette anni che si presentò nel dojo dove stavo tenendo una lezione di judo. Questa ragazzina, affetta da sindrome di Down, mi chiese se poteva unirsi a noi. La madre da dietro mi faceva segno di rispondere NO. Non esitai un attimo e risposi SI, la bambina e la madre rimasero per il resto della lezione. Ebbi così la mia prima allieva disabile e un genitore che alla fine conquistò la cintura marrone e che é oggi un allenatore qualificato e un elemento di valore nel mio lavoro attuale.

Dopo avere appreso dai genitori cosa fosse la sindrome di Down incominciai a propagandare il corso di judo per disabili. Non sapevo ancora molto allora,  di dove questa iniziativa mi avrebbe portato o di che difficoltà avrei dovuto affrontare lungo la strada.

Decisi quindi di informarmi su tutti gli aspetti delle invalidità e dopo alcune settimane iniziammo il primo corso di judo per persone disabili.

Sì, avevo delle riserve e dubbi riguardo al fatto che tutti i disabili potessero praticare, ma presi la decisione, come fosse un segno inviatomi dall’alto, di promuovere il judo per tutti, senza tener conto del tipo di invalidità.

Le Scuole Speciali dei dintorni vennero a sapere del nostro corso e ci chiesero di poter avere la loro classe settimanale di judo. Ora le classi sono 4 alla settimana.

Decisi a questo punto di sviluppare questo progetto e mi vennero assegnate delle sovvenzioni per acquisire la conoscenza necessaria ad ampliare il lavoro nel judo. Grazie a questi corsi e alla ricerca, la Federazione di Judo del Galles adottò nel suo statuto la politica per i club associati del ‘judo per tutti’ senza distinguere il tipo di invalidità. Il “Consiglio Sportivo del Galles” stava a quel tempo sviluppando un programma di integrazione per i disabili. Mi venne richiesto di partecipare al progetto sperimentale e di insegnare judo insieme ad altri sport durante le manifestazioni tenute in tutto il Galles.

Si formò il WISP (Welsh Integrated Sport Plan - Piano di Integrazione Sportiva del Galles).

Ad una di queste manifestazioni, durante una lezione di judo, notai sul bordo della materassina un ragazzo sulla sedia a rotelle che si stava divertendo a guardare la moglie video-lesa che si stava allenando. Per una ragione che non conosco, mi avvicinai al ragazzo e gli chiesi se voleva partecipare anche lui. Ma con grande sorpresa, mi rispose con delle battute violente e deve aver pensato che volessi offenderlo dato che mi ero sicuramente accorto che non poteva usare le gambe.

Mi diressi verso il lato opposto della materassina, raccolsi una giacca del judogi e una cintura che avanzavano, tornai dal ragazzo e gli dissi ‘se vuoi partecipare mettiti queste’. Quindi continuai la mia lezione e notai che il ragazzo aveva deciso di prendere parte all’allenamento.

La sua partecipazione mi aveva fatto capire che lo sport può essere per tutti, sapendo che non poteva eseguire degli esercizi di Tachi-waza, era molto abile in Ne-waza. Questo ragazzo si é alla fine guadagnato la cintura marrone ed é diventato un allenatore di judo qualificato.

Dato il numero di corsi che stavano partendo in tutto il Galles, richiedemmo una sovvenzione per dimostrazioni e ‘giornate aperte’ da tenere in tutte le contee del Galles. Lo scopo di queste manifestazioni era di invitare le scuole speciali e le organizzazioni per disabili a lezioni di prova. Erano invitate anche le scuole di judo locali. Questo é uno dei maggiori successi del WISP Judo.

Dopo aver relazionato in diverse conferenze sul lavoro effettuato nel judo, una delegazione del Galles fu invitata per una dimostrazione ai “Giochi Mondiali per Disabili” in St Etienne - Francia - nel 1990.

A questo punto, nel nostro programma, non avevamo un sistema di promozione di gradi che fosse adatto ai nostri judoisti che non potevano partecipare agli esami tradizionali, né esistevano delle regole per le gare che potessero essere utilizzate tenendo conto delle invalidità e degli aspetti della sicurezza. Per le competizioni a livello di scuole locali, vennero adottate le regole tradizionali adattandole alle invalidità. Per quanto riguardo gli esami di promozione, nel corso degli anni e dopo svariati tentativi, siamo arrivati ad un sistema valido descritto in questo manuale. Ci ponemmo un’altra domanda: dobbiamo far indossare ai nostri allievi disabili le normali cinture colorate? Cosa sarebbe successo se uno studente la cui invalidità non fosse facilmente riconoscibile, visitando un’altra scuola o durante una dimostrazione, si fosse ferito seriamente? Nel Galles abbiamo risolto questo problema assegnando ai disabili una normale cintura colorata appropriata al grado, ma con una striscia rossa nel centro per tutta la lunghezza della cintura stessa.

Con l’assegnazione del grado di ‘Ufficiale di Collegamento per Disabili dell’Associazione di Judo del Galles’ richiesi una sovvenzione al Consiglio Sportivo del Galles per visitare e studiare il lavoro svolto negli altri paesi europei, in particolare in Olanda.

Partii per una visita di 10 giorni, ospitato dal ‘Direttore di Special Olympics dell’Olanda’ e dal ‘Direttore della Federazione di Judo Olandese’ il quale mi organizzò un programma di visite a diversi club di judo che culminò in una gara chiamata “Olimpiadi di Wessennen” a cui parteciparono 400 disabili. Durante questa gara presenziai all’assegnazione della cintura nera a un judoista con sindrome di Down. La cintura venne donata da uno dei judoisti più famosi del paese, il sig. Anton Geesink.

A seguito questa visita fui invitato l’anno successivo a partecipare con una squadra del Galles. Da allora squadre del Galles e della Gran Bretagna partecipano a gare in tutta Europa: Olanda, Svezia, Finlandia, Belgio, Germania, Slovenia. Abbiamo anche organizzato diverse manifestazioni in tutta la Gran Bretagna.

Durante questi anni abbiamo cercato, per i nostri allievi, il modo per progredire ad un livello di competizione più alto, cosi abbiamo fatto richiesta a ‘Special Olympics’, dal cui movimento il judo era escluso. Dato il numero di paesi europei che organizzano gare e competizioni fuori dal movimento, é stato deciso da ‘Special Olympics Europe/Eurasia’ di formare un’unità operativa per discutere la possibilità di includere il Judo nel loro movimento.

Da allora il judo ha partecipato con una dimostrazione del livello raggiunto ai ‘Giochi Estivi Europei’ di Special Olympics a Gronningen (Olanda) nel 2000. Nel giugno 2003, per la prima volta, il Judo fu ammesso come sport dimostrativo ai ‘Giochi Estivi Mondiali’ di Special Olympics a Dublino (Irlanda). L'unità operativa ha fatto grandi progressi nel movimento di Special Olympics con una conferenza tenuta in Olanda nel novembre del 2003 e con l’elezione di un comitato dell’unità operativa. Il prossimo passo sarà quello di organizzare il primo ‘Campionato Europeo di Judo’ di Special Olympics che culminerà con l’ammissione ufficiale del Judo come sport nel movimento di ‘Special Olympics’ ai Giochi Estivi Mondiali’ di Shangai (Cina) nel 2007.

Ci fermiamo qui?

NO, stiamo lavorando con l’EJU (European Judo Union) che sta preparando, per perfezionare il suo statuto, un documento di ‘programmi per disabili’. Negli anni a venire speriamo di poter organizzare un Campionato Europeo di Judo per tutti i tipi di invalidità. Inoltre con i nostri contatti e supporti fuori dall’Europa speriamo di poter convincere la IJF (International Judo Federation) a considerare il primo Campionato Mondiale Judo per tutte le disabilità.

Ora avete un'idea del lavoro svolto e di cosa pensiamo di fare in futuro che darà a voi e ai vostri amici judoisti la forza di promuovere questo lavoro nel vostro paese e nella vostra regione.

Non mi considero un esperto, ma credo che tutti abbiano idee e modi per aiutare gli altri. E’ solo lavorando insieme che possiamo assicurare ai judoisti una gara sicura, leale e significativa.

Auguri nella ricerca di “Judo per tutti”.



Sport per Persone Disabili

Nella società di oggi certa gente ha uno stigma o una credenza nei confronti delle persone disabili.

Tutti sono esseri umani a prescindere dalle origini etniche o dall’invalidità, qualcuno potrebbe avere un difetto o una malattia che lo rende leggermente diverso dagli altri; dovrebbe questo squalificarli dalla partecipazione?

Si dice spesso, ed è opinione diffusa, che lo sport salutare ed il fitness aiutino a prolungare la vita; squalificando le persone con delle invalidità, si potrebbe accorciare la durata della loro vita?

Le persone con delle invalidità hanno difetti senza averne colpa, alcuni hanno avuto incidenti durante la vita, e qualcuno è nato con la propria invalidità. Non hanno potuto decidere come venire al mondo.

Nel mondo sportivo le regole sono state fatte per l’essere umano sportivo ideale, senza prendere in considerazione queste persone con delle invalidità.

Oggi, nel XXI secolo, siamo arrivati a realizzare e a capire di più sulle invalidità e sui bisogni della persona disabile.

Le regole possono essere cambiate e adattate per permettere a tutti di partecipare, non pensando solo allo sport, potrà migliorare anche la vita in comunità e in famiglia per tutti gli interessati. Questo farà una società migliore e più attenta alle persone nel mondo di oggi.

Anche se questo progetto di judo non è ancora perfetto, accordi vengono presi con varie organizzazioni e paesi per assicurare che abbia successo con basi integrate ed eque per tutti.

Ci saranno dei disaccordi, nasceranno problemi, come in tutte le cose nella società odierna; suppongo anche che i politici giocheranno un grande ruolo nella discussione su come far procedere le cose, ma con la corretta educazione e lavorando in situazioni pratiche, possiamo fare la nostra parte nell’allungare la vita e nel dare l’opportunità a tutti di partecipare attivamente nella nostra società.

Bisogna anche notare che a causa del numero e delle varie forme di invalidità, non tutti potranno partecipare, forse per l’equipaggiamento richiesto o utilizzato nei diversi sport.

Questo non dovrebbe impedire alla gente di fare sport, poiché tutti gli sport hanno o necessitano di molti altri usi dell’essere umano, ad esempio Funzionari/Giudici/Arbitri.

Quindi come potete vedere e diventare consapevoli delle opportunità, tutto ciò può diventare disponibile per tutti nello sport e forse in altre attività della società di oggi.

Sono stato coinvolto nell’insegnamento a persone con invalidità negli ultimi 30 anni, sono un istruttore qualificato di Judo/Calcio/Fitness e Sollevamento Pesi e ho insegnato a persone disabili tutte queste discipline. Sono anche un leader sportivo qualificato, e ciò mi permette di insegnare altri sport a livello preliminare.

Ho fatto molte esperienze in questo lavoro, molte buone e altre che preferirei dimenticare, ma rifarei tutto da capo. Anche se ho insegnato a persone con diverse invalidità, quelli con problemi comportamentali sembrano essere quelli che necessitano di maggiori attenzioni. Questa situazione o invalidità che volte può non essere palese è accesa da una memoria del passato o dalla noia. Sono stato morso, preso a sassate, insultato e chiamato in molti modi, ma ho superato la maggior parte di queste situazioni e ho guadagnato il rispetto dell’atleta.

Ho anche ottenuto grande soddisfazione nell’insegnamento, ho incontrato persone e fatto molte nuove amicizie. Non mi sono mai considerato un esperto e mai lo farò, perché è mia convinzione che stiamo tutti ancora imparando, qualsiasi grado o livello di qualifica possiamo aver raggiunto. Ma ho incontrato degli esperti, loro sanno tutto e non devieranno dal loro sistema o percorso. Credo molto nell’ascoltare, nell’osservare gli altri ed nell’imparare.

Lo sport dovrebbe essere divertente e apprezzato a qualsiasi livello lo  si pratichi, perché è per gli atleti che facciamo questo, e non per la gloria dell’allenatore, o perché l’allenatore riceva riconoscimenti e fondi economici.

Il diritto a partecipare

Le persone con invalidità o bisogni speciali, non solo sono in grado di praticare sport o fare dell’attività fisica e di apprezzarla, ma alcuni sono anche molto bravi nelle attività scelte.

Le persone disabili devono avere il diritto di scegliere quali attività seguire e di parteciparvi nel modo più ampio che la loro invalidità gli permette in qualità di  praticanti, funzionari, aiutanti o amministratori.

Lo sport per persone disabili non dovrebbe essere visto esclusivamente in termini di terapia, ma anche in termini di beneficio di contatto sociale, salute e divertimento di cui godono le persone normodotate.

Per alcune persone disabili è importante che ci siano palestre e corsi riservati esclusivamente a coloro che soffrono di specifiche invalidità. Questo è particolarmente vero nel caso in cui persone che possono ferirsi facilmente desiderino evitare il rischio di incidenti, o nel caso in cui le persone desiderino imparare uno sport insieme ad altre con la stessa invalidità. Può facilmente accadere che dopo un breve periodo in questo gruppo nasca il desiderio di praticare in una palestra che integri disabili e normodotati, in termini egualitari con persone fisicamente abili.

Il significato di “bisogni speciali”

In questo manuale abbiamo parlato di invalidità / handicap / fisicamente-abile  e bisogni speciali. E’ difficile trovare la terminologia corretta senza pensare in termini di discriminazione.

Seguono alcune definizioni prese dal dizionario (inglese, e poi tradotte n.d.t.)

Handicap

Corsa, gara in cui le possibilità sono equilibrate da pesi trasportati, partenze ecc. condizioni imposte, svantaggio.

Invalidità

Cosa invalidante, svantaggio.

Speciale

Particolare, peculiare, progettato per uno scopo particolare.

Fisicamente abile

Robusto, di prima classe, marinaio. (N.d.t.  Able bodied: fisicamente abile, espressione peculiare inglese che non ha equivalenti precisi in italiano. Nel caso in questione si parla spesso di Normodotati)

Queste parole potrebbero non essere quelle che stiamo cercando per questo progetto, ma per assicurare la salute/sicurezza dei nostri praticanti sarà necessario stabilire alcune divisioni, che permettano un percorso o riconoscimento che sia accettato da tutti nello sport.

I bisogni speciali coinvolgono molta gente, dai giovanissimi ai più anziani, dai normodotati ai disabili.

A volte si attribuiscono bisogni speciali anche ad alcune persone con un basso livello di educazione.

Noi nel mondo del judo oggi siamo ben organizzati per offrire a tutti il nostro sport, a prescindere dalla terminologia. Con il judo offriamo a tutti il diritto allo sport.



Posso entrare?

Questa è la domanda che oggi viene posta da molti disabili, in particolare giovani, che vogliono l’opportunità di condividere coi loro amici normodotati le attività scelte.

Cosa intendiamo per “invalidità”?

L’invalidità può avere molte forme. Alcuni giovani soffrono di gravi invalidità fisiche, come la cecità, la sordità o altre malattie invalidanti. Alcuni sono disabili mentali e altri soffrono di invalidità che non si riconoscono subito, ma altrettanto limitanti – asma, epilessia e diabete per esempio. Anche se le vostre sedi sono inadeguate per accogliere persone con un certo tipo di invalidità, non significa che dovrete escludere le altre.

A proposito della reazione degli altri praticanti e dello staff.

Può capitare di avere la sensazione che gli altri praticanti non gradiscano avere intorno persone disabili, e che lo staff non sappia cosa fare o come gestire la situazione. Se c’è reticenza, sarà spesso causata dalla paura, dall’ignoranza e dall’imbarazzo sia da parte dei disabili che dei normodotati. Queste attitudini possono creare barriere maggiori di qualsiasi altro problema pratico, ma spesso verranno superate nell’atmosfera amichevole della palestra, se si fa lo sforzo di coinvolgere entrambe i gruppi. Questo è particolarmente vero se i disabili sono stati già in contatto con normodotati della loro stessa età. Se si tratta di casi diversi, inizialmente potrà essere necessario inserirli in un piccolo gruppo di praticanti regolari. Sia i disabili che i normodotati possono spaventarsi (come la maggiore parte dei giovani) se vengono improvvisamente inseriti in nuove situazioni senza una preparazione adeguata. Comunque i giovani si adattano più facilmente di quanto i loro insegnanti immaginino, e presto tratteranno il compagno disabile come un uguale, che sia “diverso” o meno. Generalmente non c’è alcun bisogno di dare “permessi speciali” ai praticanti disabili, ad eccezione di casi ovvi come per esempio quando qualcuno ha bisogno di essere portato su per le scale. La cosa importante è che i giovani si comportino prima di tutto come amici, niente di più, ed il giorno in cui i vostri praticanti non andranno in giro ad aprire porte per i compagni disabili, saprete che questi sono stati accettati. Scoprirete anche che le personalità dei giovani disabili variano tanto quanto quelle dei normodotati, quindi non sorprendetevi se sorgeranno i soliti problemi.

Avremo bisogno di molti più aiutanti se parteciperanno anche persone disabili? Di che preparazione avranno bisogno gli aiutanti?

Spesso per i pochi disabili che arriveranno non ci sarà un particolare bisogno di maggiori aiuti. Dopo un breve periodo di tempo l’aiuto necessario sarà spontaneamente offerto dai praticanti normodotati nel naturale corso dell’amicizia. Ovviamente ogni insegnante responsabile deve conoscere la natura dell’invalidità, ogni problema particolare, sapere cosa fare in caso di emergenza e spiegarlo agli altri. I primi tempi può essere utile parlarne con qualcuno che ha esperienza nel campo, ma il migliore “educatore” è la persona disabile, che spiegherà quale aiuto gli serve e quale non gli serve. Qualche persona disabile potrà usare lavagnette per scrivere o aiuti vocali, ed è importante ricordare che un difetto nel parlare non implica invalidità mentale. Gli aiutanti potranno aver bisogno di essere ripresi per non dare “permessi speciali” a riguardo delle regole della palestra, quindi, nei limiti della praticità, ognuno nel gruppo è trattato allo stesso modo e tutti ne sono consapevoli.



Controlla prima di saltare

Lo Sport e le persone affette da Sindrome di Down

Introduzione

Una piccola parte di persone con sindrome di Down e’ affetta da lassità nel collo (instabilità Atlanto Assiale) che può metterli seriamente a rischio di lesione se praticano determinati sport. Di seguito alcune domande e risposte che espongono i fatti e le raccomandazioni da parte di MENCAPS Medical Advisory.

D. Che cos’é l’Instabilità Atlanto Assiale?

R. E’ una maggiore mobilità delle ultime due vertebre cervicali in cima al collo. Le persone affette possono essere a rischio di lesioni gravi se piegano il collo con forza, perché le vertebre possono spostarsi e quindi schiacciare o tagliare il midollo spinale.

L’InstabilitàAtlanto-Assiale é stata decritta per la prima volta nel 1830 ma non fu collegata alla sindrome di Down fino al 1960. A molte persone non é stata diagnosticata o hanno avuto una diagnosi errata.

D. Quanti sono a rischio?

R. Un rapporto stilato in Gran Bretagna, indica che una piccola parte di persone (forse 1 su 10) con sindrome di Down e’ affetta da questa lassità nel collo. Per questi individui, riconoscere l’Instabilità Atlanto-Assiale, é estremamente importante. Con ogni manovra ginnica, ogni salto dal trampolino o ogni atterraggio su una pedana, l’atleta che non sa di essere affetto da Instabilità Atlanto-Assiale, é a rischio di serie lesioni.

Dovrebbe essere enfatizzato che la maggioranza delle persone con sindrome di Down (90% o più) non si trova in queste condizioni e non sono più a rischio di altre persone.

D. Come si riconosce l’Instabilità Atlanto-Assiale?

R. Con un esame del collo ai Raggi X si può constatare l’Instabilità Atlanto-Assiale e le persone a rischio possono essere identificate. Questa procedura é sicura come quella praticata per identificare malattie ai polmoni attraverso una radiografia al torace.

D. Chi deve fare i Raggi X?

R. Atleti con sindrome di Down che desiderino partecipare ad attività sportive dovrebbero farsi fare una radiografia prima di iniziare qualsiasi pratica.

Questo può essere il dilemma dell’allenatore, in primo luogo pensare alla sicurezza dell’atleta.



La struttura in Gran Bretagna

Commissione per le Invalidità BJA

Comitato Judo Disabili

Judo Disabili WJA / Judo Disabili SJA / Judo Disabili EJA / Judo Disabili NIJA

              Galles                             Scozia         Inghilterra                  Irlanda del Nord

Commissione per le Disabilità BJA

Consiste di 1 Direttore/Ufficiale del Comitato Judo Disabili

Comitato Judo Disabili

Ne fanno parte il presidente o un candidato di ogni nazione, più un candidato della categoria arbitrale per ogni paese; a capo vi é il presidente del BJA Inclusion Elected (??).

Comitati Nazionali del BJA Judo Disabili

Questi comitati sono composti da rappresentati di tutte le corporazioni governative coinvolti nei progetti nelle aree/regioni designate. I comitati devono avere rappresentati dalle categorie degli arbitri, allenatori, cronometristi e protocollisti.

Ogni comitato deve avere uno statuto, compilato in linea con le direttive del comitato esecutivo. Gestirà il proprio rendiconto e presenterà un bilancio/rendiconto annuale al Comitato Judo Disabili.

Queste nuove organizzazioni non faranno discriminazioni di invalidità, sesso, religione relativamente ad ogni persona idonea a partecipare.



L’insegnamento a persone disabili.

Dobbiamo essere delle persone/allenatori speciali?

Attraverso l’esperienza e non avendo alcuna conoscenza di disabili all’inizio della mia carriera di allenatore, stò ora trasmettendo la mia conoscenza, buona o cattiva, a molti altri nel mondo del judo.

E’ mia opinione che tutte le persone, qualsiasi sia la loro invalidità, possano essere allenate per essere coinvolte nel judo. Sia una gara, una dimostrazione o un evento educativo. Tale principio può essere applicato anche ad altre aree del nostro sport, come l’arbitraggio o il tavolo della giuria.

Molti disabili che praticano judo al momento, hanno quel che si definisce una difficoltà di apprendimento, handicap mentale o ritardo mentale. L'insegnamento a questi atleti é molto simile a quello delle persone normodotate, l’unica differenza é che dovrete ripetere le istruzioni molte volte prima che vengano capite e digerite.  Dovrete forse modificare le vostre tecniche di insegnamento per adattarle a questi individui, utilizzando una forma di insegnamento semplificata. Di base, questi atleti ad un livello più elevato possono e sono abili a partecipare a lezioni con normodotati.

Questi saranno i judoisti agonisti più insigni.

In questa categoria ci imbatteremo in judoisti con disabilità mentale probabilmente combinata con invalidità comportamentali o con invalidità fisiche. Questi atleti necessitano di più attenzione e cure. E’ provato, attraverso l’esperienza, che atleti con problemi caratteriali reagiscono al judo in modo disciplinato, ciò dovuto al fatto che è uno sport di contatto e di aggressività. Con la disciplina implicita nello sport, é più facile correggere gli individui. E’ consigliabile, all’inizio, tenerli in un gruppo speciale di disabili.

Questi judoisti li inserirei in una categoria dimostrativa, forse in gare di kata.

Gli atleti con invalidità mentali e fisiche metteranno alla prova la vostra abilità di allenatore. Troverete che la difficoltà maggiore sarà lo squilibrio dovuto all’invalidità fisica; così l’adattamento della tecnica sarà molto importante per questi atleti. Alcuni di loro potranno partecipare alle gare, altri solo a dimostrazioni.

I judoisti audio e video lesi possono partecipare alle lezioni con normodotati e saranno inseriti ad un livello competitivo. Ci sarà bisogno però di aiuto durante gli allenamenti con il compagno del video-leso. Per quanto riguarda gli audio-lesi le vostre capacità di comunicazione sono più importanti, specialmente la vostra presenza e posizione sul tatami quando state di fronte e date istruzioni. Questi judoisti hanno una mente sana e possono digerire informazioni e istruzioni molto facilmente.

La nostra successiva maggiore percentuale di judoisti praticanti è quella con una invalidità fisica, principalmente paralisi cerebrale che di solito interessa gli arti inferiori nei nostri combattenti che già praticano. Queste persone hanno la mente sana e possono assorbire le informazioni velocemente. Gli atleti che possono praticare in piedi, possono essere inseriti nelle competizioni e nelle dimostrazioni. Insegnare a queste persone vuol dire selezionare/adattare e formulare tecniche di lancio che gli permettano di allenarsi in piedi senza perdere l’equilibrio; i contrattacchi sono a volte più indicati.

Abbiamo poi i principianti e forse quelli con una o più invalidità che vogliono praticare per divertimento. Questi possono essere atleti molto deboli o che possono iniziare solo con il ne-waza. Noi organizziamo gare nelle federazioni nazionali per atleti con maggiore esperienza.

Questo gruppo può essere incluso in gare dimostrative, ma gli atleti più deboli potranno affrontare meglio delle manifestazioni educative. Alcuni di questi atleti potranno essere inseriti a livello competitivo se gare di ne-waza sono contemplate negli eventi ad alto livello.

Quando accettate atleti con invalidità nel vostro club, fatevi dare prima di tutto dai genitori o dagli accompagnatori informazioni sul tipo di invalidità, sul disturbo e sul temperamento, specialmente se hanno attacchi epilettici. Che tipo di medicine prendono?

Sarebbe consigliabile per tutti gli allenatori partecipare a corsi di specializzazione per disabili prima di insegnare ad atleti con bisogni speciali. E' sempre consigliabile acquisire un po' di conoscenza prima di accettare nuovi studenti. Insegnare è la parte più facile per gli allenatori, adattare le tecniche e la loro ripetizione è il lavoro più duro.

Per studenti più deboli o meno abili, corsi tra pari sono essenziali e si rivelano meno aggressivi.

In qualità di allenatori noi siamo qui per insegnare uno sport, insegnare mosse a scopo terapeutico o aiutare a fare movimenti fisici per ragioni terapeutiche non è il motivo per cui siamo coinvolti; bisogna che lo studente metta della volontà nella pratica.

Utilizzate supporti per l'insegnamento di tecniche - la ripetizione facilita l'apprendimento - inserite divertimento e giochi nelle lezioni. Vedrete che in questo modo l'atleta apprenderà più velocemente.

Se avete uno studente nella vostra classe che può solo applicare ne-waza, iniziate l'allenamento con il riscaldamento a terra; ma se avete un gruppo con diverse capacità non siate imbarazzati ad insegnare tecniche che non tutti possono apprendere, chi non riesce potrà riposarsi nel frattempo. Le persone disabili sono abbastanza coscienti di quali esercizi non possono effettuare e capiscono abbastanza la situazione. I vostri atleti più avanzati o alti in grado saranno più che disponibili a riposarsi insegnando ad atleti disabili.

Ogni persona ha diritto a partecipare, ma l'istruttore deve essere motivato e avere dimestichezza nell'insegnare ai disabili.

Iniziate con un piccolo gruppo composto da individui con varie invalidità o ristretto a individui con un una specifica disabilità. Assicuratevi di avere aiuto da persone di entrambe i sessi se la classe è mista.

Troverete i primi allenamenti impegnativi, trattate gli atleti come trattereste gli altri vostri allievi; l'età di apprendimento di alcuni è inferiore rispetto all'età fisica, ma la disciplina è molto importante; loro comprendono la disciplina e questo aiuta gli altri nell'allenamento. Un buon metodo per assicurare che il vostro allenamento rispecchi lo spirito del judo è di istituire un sistema di riconoscimenti mensile, nominando un judoista che magari non è il migliore  esponente dal punto di vista tecnico, ma ha dimostrato il vero spirito del judo nel mese passato. Un altro metodo può essere una lavagna in cui indicare la lista dei migliori dove il primo cambi ogni settimana; alla fine del mese chi è in testa riceve un encomio.

Quando accettate atleti con sindrome di Down è importante controllare con i genitori o gli accompagnatori che non siano affetti da instabilità Alanto-assiale, debolezza del collo, che se pronunciata può causare serie lesioni. E' documentato che uno su dieci ne può essere affetto.

Ci possono essere molti altri possibili atleti affetti da altrettante invalidità che non abbiamo menzionato, ma assicuratevi di avere una conoscenza minima o fatevi consigliare. Autistici, amputati, nani, dislessici, etc., possono non essere classificati o qualificati come disabili, ma troverete che non sono capaci di sostenere o partecipare a gare o attività tradizionali, quindi quali opportunità gli sono offerte?

Un atro oggetto di discussione emerso è come classificare o promuovere judoisti disabili.

Trovo che questo sia un punto di discussione discriminante, alcuni atleti hanno problemi di vista, ma altri non hanno delle caratteristiche che li distinguano.

Diamo a questi atleti la classica cintura colorata?

Può esserci un fattore di rischio se questi atleti visitano un altro club e si feriscono per il fatto che l'istruttore non si è accorto della invalidità (non essendo questa riconoscibile)?

Cinture diverse?

Un badge sul judogi?

Una licenza speciale di judo?

Ci sono molte idee e sistemi come quello utilizzato dalle Federazioni Nazionali in Europa, ma bisogna pensare alla sicurezza dell'atleta. Quindi assicuratevi che il vostro club abbia un sistema che vi metta a vostro agio.